L’anticapitalismo molecolare dell'economia associativa per ripartire

Oggi che questa crisi ha messo sotto gli occhi di tutti i limiti strutturali del modello capitalista, togliendo spazi e alibi ad ogni politica economica che tiri solo a campare, non si dovrebbe esitare oltre nel mettere le potenzialità dell’economia nonprofit al centro di un processo di ridisegno complessivo del modello di sviluppo del Paese. 


Alcune dichiarazioni del Ministro del Lavoro Poletti, seppur ancor vaghe e generali, sembrano andare nella giusta direzione. Soprattutto quando parla di economia sociale e di economia associativa per la creazione di nuova occupazione, allargando dunque l’orizzonte rispetto ai settori tipici del welfare, dove così soffocante - e senza via d’uscita - è diventato il rimpallo tra Stato e terzo settore. Il background di Poletti dovrebbe essere una garanzia: conosce bene il mondo dell’economia cooperativa e sa bene che le sue potenzialità vanno oltre i soli numeri, pur rilevanti, e non sono confinabili a pochi codici Istat di attività, ma possono estendersi all’intero panorama della produzione di beni e servizi.

Certo, la partenza con il Jobs Act va proprio nella direzione sbagliata, lasciando basiti per conservatorismo della visione espressa e superficialità di analisi e risposte. Ciononostante si può sperare che il governo Renzi non sia cieco rispetto alle potenzialità dell’economia nonprofit. Ovvero che del nonprofit non prevalga, anche per il governo di rottamazione, solo la visione filantropica da capitalismo anglosassone. Che prevede un’azione di progressiva sostituzione del settore pubblico nei servizi essenziali di ogni democrazia moderna (dalla sanità all’istruzione).

L’economia associativa è altro da questo. E’ cultura della cooperazione e della democrazia partecipativa, anche nelle imprese e nei luoghi di lavoro. E’ mutualismo declinato in una formula moderna, non corporativo ma concretamente solidale. E’ innovazione di processo e di prodotto, laddove si liberano spazi, energie, competenze, soprattutto dei più giovani, in formule organizzative libere, sperimentali, finalizzate al fare innanzi tutto. Negli anni ’90 queste espressioni di vitalità sociale, spesso capaci di tradursi in produzione di reddito, si trovavano nei centri sociali occupati e nelle tante forme di lavori autorganizzati in ambito ambientale, culturale, di quartiere, di nuova solidarietà. Oggi molto sta nel web, che per le sue potenzialità un tempo inimmaginabili funge da formidabile catalizzatore di molte istanze, idee, interventi. Ma non bisogna dimenticare che questi luoghi virtuali spesso partono da e si incrociano con luoghi fisici dove i giovani si incontrano per dare un senso al proprio tempo e provare a costruire un mondo migliore.

Tra informale e formale, questa zona grigia di nuova economia c’è e si muove. Nella cultura, nelle attività ricreative, nell’ambiente, nel software libero e open source, quasi sempre in forma associativa, vi sono il 65% delle istituzioni nonprofit, il 59% dei volontari, il  7% dei lavoratori dipendenti. E’ l’anti-capitalismo molecolare, parafrasando una fortunata formula del passato. E’ l’economia nonprofit più tipicamente associativa, che è anche la più libera e innovatrice. Che lancia un grido d’allarme: negli ultimi dodici anni -20% di addetti per le associazioni. Dato che contrasta fortemente con il +39,4% complessivo per il comparto, quasi tutto concentrato sulle cooperative sociali e le fondazioni, in particolare cioè sui settori che hanno giocato proprio il citato ruolo sostitutivo del welfare pubblico (che nel frattempo perdeva 368mila addetti).

Mentre le diseguaglianze aumentavano, i redditi delle famiglie soffocavano, i giovani venivano espulsi dal mondo del lavoro, anche le occasioni di autorganizzazione produttiva erano messe alla prova dalla crisi. Ma ora, puntando su di esse, si potrebbe rapidamente innescare un processo virtuoso di innovazione sociale e produttiva, sostenibile e solidale. Ecco da dove ripartire per cambiare verso all’Italia. 





di Alessandro Messina (@msslsn)






in Profittevole, rubrica per Vita


aprile 2014